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Una vita da cicala: Pietro Bellotti

In vita era stato ricercato da principi e papi e abbondantemente retribuito per le sue opere, ma morì settantatreenne senza un soldo a casa di suo fratello prete a Gargnano.

Pietro Bellotti nacque a Volciano nel 1627. Vista la sua inclinazione al disegno, i suoi lo mandarono appena dodicenne a studiare arte a Venezia presso l’allora celebre pittore Girolamo Ferabosco. Questi si accorse della vivacità e della dirigenza dell’allievo e gli fu prodigo di insegnamenti e di consigli. Fu così che il ragazzo divenne pittore fatto, particolarmente abile nei ritratti e nelle mezze figure.

A Venezia il Bellotti rimase fino al 1670, acquistandovi notorietà soprattutto per la ritrattistica ed il naturalismo delle sue opere, talché una sua prima produzione di ritratti e di figure fantasiose riscosse un vivo successo anche al di fuori della città lagunare. Le sue opere furono notate per la precisione dei dettagli, con soggetti tratti dalla gente comune, talora mescolando un pizzico di caricatura nelle figurazioni.

Ebbe committenti di altissimo livello: il Cardinale Vescovo di Brescia Ottoboni, divenuto poi papa Alessandro VIII, il duca di Bucherque, la principessa Enrichetta Adelaide di Savoia. Il duca elettore di Baviera mandò due arcieri affinché lo accompagnassero a Monaco, dove restò per sette mesi. Alla sua dipartita il duca volle regalargli, oltre alla mercede pattuita, una collana d’oro con il suo ritratto circondato da 63 diamanti. Fu poi a Milano, presso il duca di Uceda, allora Governatore della città, che si dilettava di pittura e lo volle come suo maestro. Anche la Repubblica di Venezia richiese la sua opera e gli chiese di dipingere nella Sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale la presa da parte dei Veneziani della fortezza di Margarino in Dalmazia.

In età matura venne nominato dal duca di Mantova Ferdinando Gonzaga intendente generale delle sue gallerie, incarico che il Bellotti svolse fino alla morte del duca,

Non era un pittore a buon mercato: una sua biografia ricorda le sue tariffe: ”100 zecchini” per ogni quadro finito e “50 filippi” per ogni ritratto; somme enormi per un’epoca. Il biografo annota “non vi ebbe pittore, o antico, o moderno i cui lavori fossero così premiati”.

Nel tardo Settecento la biografia riporta l’esistenza di molti ritratti “si vedono nelle famiglie di Salò, e molti altri in Riviera, e alcuno in Verona nella Galleria Canossa o altrove in altre gallerie”.

Rimangono anche oggi varie opere fra cui, oltre al dipinto del Palazzo Ducale, agli Uffizi, al museo di Stoccarda, alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, alla Pinacoteca di Feltre, al museo Correr, all’Accademia dei Concordi di Rovigo, al museo di Braunschweig, alla pinacoteca di Brera.

Come dicemmo, non potrà godersi le ingenti somme guadagnate in vita. Dice il biografo: “tant’era suo dispendio”.

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