In questi giorni stiamo dando un po’ tutti i numeri. Colpa del freddo. Basta entrare in un bar o dal tabaccaio per assistere a gare al rialzo fra chi registra le temperature più…basse in questo dicembre tra i più freddi degli ultimi anni. Anche la “Busa”, considerata la riviera trentina, sta facendo i conti con il clima siberiano e cresce anche la preoccupazione per il futuro dell’ulivicoltura, falcidiata già nel 1985. Quali sono le zone più fredde? Ed esiste il pericolo che si ripeta quell’inverno terribile?«Sul balcone di casa mia – rivela un’anziana signora, quasi con orgoglio – oggi il termometro segnava 6 gradi sottozero». Poco più un tranquillo signore sta sorseggiando un cappuccino. «Quando questa mattina ho aperto il garage – ribatte l’uomo tenendo la tazza con tutte e due le mani, quasi cercando un po’ di caldo – la colonnina del mercurio era ferma ad 8 gradi sotto lo zero». Scena avvenuta in bar che pone un quesito: termometri tarati diversamente o la temperatura può variare così vistosamente da luogo a luogo? «Esistono zone più fredde di altre» spiega Franco Michelotti dell’Esat che per il monitoraggio può contare anche sulle centraline di Riva e Arco dell’istituto di San Michele all’Adige. «La fascia di territorio che dal Fangolino, la zona vicina al bivio delle Grazie per intenderci, attraversa la “Busa” fino alla discarica della Maza è sicuramente quella dove si registrano le temperature inferiori. Sulle pendici sotto il castello di Arco, invece, il clima è molto più mite, con variazioni anche di 3-4 gradi sulle minime rispetto alle zone più fredde. In linea di massima, però, si può dire che sul fondovalle, la temperatura sia sicuramente più bassa che in collina. La coltivazione degli olivi, praticamente assente in pianura, ne è la prova più lampante: l’esperienza accumulata nei secoli ha insegnato che sui pendii l’aria è sempre più temperata». Nel 1985, però, il generale inverno non risparmiò nessuna zona, facendo morire migliaia di olivi. C’è pericolo che questo si ripeta? «Per ora direi di no» continua Michelotti. «Allora, a fare strage di piante furono quattro giorni micidiali, quelli dal 5 all’8 gennaio, quando la temperatura non superò mai lo zero. In quel periodo, la minima raggiunse i 12,5 sottozero mentre la massima arrivò a 5,4, sempre sotto lo zero: i danni a molti esemplari furono irreversibili. Quest’anno, invece, le “ferite” alle piante dovrebbero essere nulle o, al massimo, di primo grado, e cioè al fogliame, per gli esemplari delle zone più fredde. Per quanto riguarda la produzione, infatti, essa si preannuncia eccezionale sia per la quantità, la più alta dell’ultimo decennio, che per la qualità dell’olio prodotto, sicuramente il migliore dell’ultimo biennio».
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Temperature diverse a seconda delle zone. Lontani i brividi dell '85
Gelo in Busa: tanto ma non da record
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